Verissimo. Non sarà rotondo, ma è il nostro centro di gravità. Perché la creatività non ama i muri: ha bisogno di passare, contaminare, ascoltare, sovrapporsi. Da un’estremità all’altra, le idee fanno su e giù come navette in orbita.

Una parola detta a caso. Una gif. Una foto trovata per sbaglio. Ma soprattutto: nascono guardandoci negli occhi mentre uno dice “è una cavolata” e l’altro risponde “sì, ma aspetta…”. E lì inizia tutto.

Certo. Ma quelli migliori iniziano con “non prendiamoci troppo sul serio”. Poi parte una playlist. Poi il silenzio. Poi qualcuno dice qualcosa che non c’entra niente. E da lì, boom.

Nessuno. O meglio, tutti. Se nessuno riesce più ad aggiungere niente senza rovinare tutto, allora sì: siamo atterrati.

Parlare chiaro, anche se a volte suona strano. E cercare sempre l’idea più semplice, non quella più complicata. Il resto si chiama confusione ben impaginata.

Caffè, carta, prototipi e tre tipi diversi di silenzio. Quello buono — quando le cose stanno succedendo. Quello concentrato — quando tutti stanno pensando alla stessa idea. E quello strano — appena prima che qualcuno dica qualcosa di geniale.